giovedì 16 gennaio 2014

La acrobazie dell'Institutio Generalis

A distanza di un po' di tempo (troppo) riprendo il filo del discorso iniziato con questo post Riparazione e SS. Eucaristia (e prima ancora in Gesù si è incarnato per andare sulla Croce?) e lo faccio riprendendo il paragrafo H del primo capitolo dello Studio critico del Novus Ordo Missae di Arnaldo Vidigal Xavier de Silveira (reperibile qui). Certamente, altri teologi e studiosi avranno trattato lo stesso tema ma, quantomeno nella bibliografia recente, non ho trovato chi analizzi la questione in maniera diretta come il prof. de Silveira.
Il memoriale della Resurrezione e dell’Ascensione

Uno dei mezzi impiegati dagli eretici dei nostri tempi per dissimulare il carattere sacrificale e propiziatorio della messa, consiste nell’accentuare eccessivamente il fatto (reale, ma subordinato) che la messa rievoca non solo la morte di Nostro Signore, ma anche la Resurrezione e l’Ascensione.
Noi diciamo che la messa ricorda la Resurrezione e l’Ascensione solo in maniera subordinata, poiché nella sua realtà sacrificale e propiziatoria e nei suoi elementi simbolici essenziali, la messa è innanzitutto e direttamente il rinnovamento del sacrificio della croce. È per questo che essa richiama alla mente soprattutto la morte di Nostro Signore. Tuttavia, come nel mistero del Calvario, che ha propriamente realizzata la nostra Redenzione, erano implicati anche tutti gli altri misteri e tutti gli altri avvenimenti della vita di Cristo, si può e si deve ritenere che la messa richiama anche, ma in maniera subordinata, la Resurrezione (80), l’Ascensione, il fatto che Nostro Signore si è assiso alla destra dell’eterno Padre, ecc. 

L’"Institutio", nell’edizione del 1969, sembra ignorare questa distinzione, provocando in tal modo una confusione dei concetti.  

Così la messa, nel n° 2, è chiamata il "memoriale della Passione e Resurrezione" di Cristo; nel n° 48 si legge che nel corso dell’ultima cena "Cristo istituì il memoriale della sua morte e della sua resurrezione" (81); nel n° 55 si dice che immediatamente dopo la Consacrazione, "la Chiesa celebra il memoriale di Cristo, ricordando principalmente la sua santa Passione, la sua gloriosa Resurrezione e la sua ascensione al cielo"; nel n° 55d, si afferma che nell’ultima cena, Nostro Signore "istituì il sacramento della Passione e della Resurrezione" (82); il n° 335 definisce la messa "il sacrificio eucaristico della Pasqua di Cristo", e i nn. 7 e 268 dichiarano che nella messa celebriamo il "memoriale del Signore".  

I commentatori della B.A.C. confermano i timori che abbiamo espressi prima. Essi manifestano un’avversione particolare per l’accento di santa e sacrificale tristezza che caratterizza la messa tradizionale, anche nei giorni di festa. Questa tendenza a ridurre l’Eucaristia ad una celebrazione gioiosa che esprimerebbe solo allegrezza, diventa evidente nel seguente paragrafo:  

"Incoraggiare perché si dia al canto una grande importanza è più che opportuno (n° 19 dell’"Institutio"). Questo perché l’Eucaristia è il sacramento della Pasqua del Signore, l’attesa del suo glorioso ritorno e insieme una gioiosa celebrazione del trionfo di Cristo che è già stato realizzato e che tutta la Chiesa attende. Il canto è l’espressione naturale di questa gioia" (83).
Passando poi in rassegna, in maniera molto minuziosa, tutte le singole modifiche apportate all'Institutio Generalis Missale Romanum tra l'edizione del 1969 e quella del 1970, al capitolo 4, paragrafo 10, il prof. De Silveira riporta:
L’inizio del n° 48 presenta adesso il seguente testo: 
"Nell’ultima Cena, Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale, per mezzo del quale è reso di continuo presente nella Chiesa il sacrificio della Croce, allorché […]" (53). 
Come si vede, l’espressione "commemorazione della sua morte e della sua resurrezione" è stata sostituita dall’espressione "sacrificio e convito pasquale", facendo anche riferimento al sacrificio della Croce. Tuttavia, la già segnalata ambiguità annessa al termine "presenza", rimane (54). D’altra parte, sfortunatamente, non si dice che il sacrificio è propiziatorio: questa precisazione appare solo nel n° 2 del proemio. Stando così le cose, la modifica introdotta al n° 48 non è tale da permettere che si possa cambiare sostanzialmente l’apprezzamento  sul valore dell’"Institutio".
Le critiche che si sollevarono nel 1969 e che portarono alle modifiche dell'Institutio del 1970, confermano proprio i timori che vado esprimendo e meditando da tempo: quel che trovo veramente strano è che siano pochi gli studiosi cattolici (laici e non) che se ne preoccupano.

Come già ho avuto modo di fare notare, a conferma di tutto questo, si faccia attenzione alla traduzione di questa famosa orazione (che segue, per esempio il Tantum Ergo nella Benedizioni Eucaristiche):

Deus, qui nobis sub sacramento mirabili, passionis tuæ memoriam reliquisti: tribue, quæsumus, ita nos corporis et sanguinis tui sacra mysteria venerari, ut redemptionis tuæ fructum in nobis iugiter sentiamus. Qui vivis et regnas in sæcula sæculorum.

Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'eucarestia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue, per sentire sempre in noi i benefici della tua redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Mentre le vecchie e ben più fedeli traduzioni, che rendevano - giustamente! - passione per il latino passionis.

Abbiamo insomma, un Sacrificio edulcorato e una Redenzione ormai totalmente riassorbita e ricompresa nella Risurrezione.